Il D.O.C. (Disturbo ossessivo compulsivo) è inserito nel
D.S.M. IV tra i disturbi
di ansia.
Nella mia esperienza il
paziente con D.O.C. però difficilmente avverte questa sgradevole sensazione,
perché i rituali costituiscono una forma di ansiolitico
particolarmente efficace.
I rituali costituiscono una
distrazione, uno spostamento dell' attenzione e possono essere
costituiti da azioni ritualizzate (es. fare n volte il giro della
propria stanza in senso orario), o sotto forma di pensieri (es.
ripetere un giaculatoria mentre si visualizza il volto della Beata
Vergine).
Come per tutte le droghe, l'
effetto piacevole si accompagna ad un effetto secondario non
trascurabile: l'assuefazione e la dipendenza.
L' assuefazione porterà a
dover aumentare la dose per ottenere l' effetto di calma e la
dipendenza porterà a non poter vivere senza l' ansiolitico, anzi ad
avvertire ansia al solo pensiero che il rituale non sia possibile.
Il rituale diventa così
talmente presente nella sua vita, da divenire ingombrante, tale da
creare impedimenti allo svolgimento di una vita normale.
Pur sapendo che tutto il
meccanismo è frutto del suo modo di vedere la realtà, il nostro
paziente non può più fare a meno del rituale, e, data la sua
esigenza di controllare la realtà anche personale, ciò diviene
motivo di ulteriore ansia se non di paura di non poterne uscire.
Esistono diverse sfaccettature
di manifestazioni e S.P.R. nei D.O.C..
Spesso la compulsione prende
l' avvio da una fobia.
In questi casi la paura se non
il terrore rappresentano l' emozione di base.
È opportuno dire inoltre che
esistono anche compulsioni che si basano sul piacere ( shopping
compulsivo, tricotillomania, vomiting, chat mania...).
Nel caso del disturbo
ossessivo compulsivo basato sulla paura,
la persona metterà in atto dei comportamenti che assumano la forma
di rituali, per scacciare l'ossessione.
“ La caratteristica
veramente interessante che distingue questa patologia fobica dalle
altre, risiede nel fatto che, dopo che il disturbo si è costituito,
ciò che rappresenta il tormento per la persona non è più
l'originaria paura, che ha costretto ad innescare la catena di azioni
ritualizzanti, ma l'impossibilità di cessare l'esecuzione dei
rituali. Questo è l'esempio paradigmatico di come la soluzione si
trasforma in problema” ( Nardone, 2000).
In altri termini, la persona
in un primo momento mette in atto questi rituali per difendersi dalla
propria fobia ( che si manifesta sotto forma di ossessione) ma poi,
reiterando questi rituali, divengono essi stessi un problema, più
grande, più invasivo e meno gestibile.
I rituali si dividono in due
categorie:
-
riparatori: messi in atto per riparare, appunto, qualcosa che potrebbe essere accaduto ( per esempio: disinfettarsi dopo un ipotetico contagio, controllare più volte una mansione svolta per essere sicuro di aver fatto bene...); il rituale oltre che agito, come detto poc'anzi, può essere anche mentale e quindi, esplicitato, attraverso formule ripetute per scongiurare una maledizione in vista.
-
Propiziatori: messi in atto per scongiurare che accada qualcosa o per propiziare l'accadimento ( per esempio costringersi ad aprire il rubinetto dell'acqua 10 volte prima di utilizzarlo per evitare che la casa prenda a fuoco, toccare 10 volte il banco per sperare che l'esame vada bene...)
L'intervento psicoterapico mira a modificare il sistema percettivo reattivo e interviene sulle tentate soluzioni, in questo caso, i rituali messi in atto attraverso delle manovre che spostano il potere dalle mani dell'ossessione a quelle del paziente affinchè si liberi di questa schiavitù.
La terapia breve strategica è molto indicata per questo disturbo.
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